1. Un’organizzazione si distingue anche per le tipologie di obiettivi e degli universi che queste attività contemplano: fisico, operativo, procedurale, degli impegni e decisionale
  2. Il cambiamento organizzativo.
    1. Il concetto di organizzazione Definizione: entità collettiva dotata di formalizzazioni allo scopo di raggiungere dei fini.
      1. Il termine viene utilizzato in diverse accezioni a seconda che si parli di un soggetto organizzativo, l’attività organizzativa o la struttura organizzativa.
        1. A. Organizzazione come soggetto collettivo: Ci sono dei soggetti che sono legalmente riconosciuti come imprese, amministrazioni pubbliche, scuole. Altri sono legittimi ma non legalmente costituiti, come gruppi culturali o religiosi. Taluni invece sono organizzati e potenti ma illegali come mafie e gang ecc....
        2. B. Organizzazione come attività organizzativa: Atti compiuti da soggetti volti a passare da uno stato di disordine ad uno di ordine. Attività dirette a conseguire uno scopo; le tre diverse attività sono la gestione, lo sviluppo e la progettazione.
          1. Le organizzazioni possono essere di varie tipologie distinte in base a dimensione, proprietà, collocazione geografica, complessità, settore ecc....
          2. Per descrivere l’attività organizzatrice è fondamentale individuare il CONTESTO formato dalle cosiddette 3T: tempo, territorio e tecnologia. (Lo sviluppo delle ICT hanno permesso di superare i vincoli spaziali e temporali).
          3. In seguito è importante individuare la dimensione (modello 4 C): Cooperazione (lavorare insieme per raggiungere un risultato). Comunicazione: (trasmissione di informazioni). Conoscenza (insieme di procedure, tecniche brevetti ed elementi d’esperienza che si collegano alle conoscenze personali). Comunità (elemento di congiunzione fra interessi obiettivi valori e sentimenti di partecipazione).
          4. Descriviamo un’organizzazione anche per criteri di prestazione: 1) efficacia ed efficienza. L’efficacia riguarda il raggiungimento di un obiettivo, l’efficienza il rapporto fra risultati ottenuti e costi sostenuti. Non sempre l’eccesso di efficienza produce un’eccellenza nell’efficacia. Il segreto è fare meglio e di più con meno risorse possibili.
          5. Subtopic 1
        3. C. Organizzazione come struttura: Insieme di processi, ruoli, compiti, cultura che formano un artefatto sociale progettato gestito e vissuto. Esse cambiano a seconda dei fini delle tecnologie e delle persone che vi operano. Le strutture possono essere formali o latenti. Le prime hanno per oggetto le norme che aiutano all’analisi giuridica, economica ed ingegneristica. Le strutture latenti hanno per oggetto comunità di lavoro, relazioni, cooperazione, comunicazione e conoscenza.
    2. il sistema organizzativo
      1. organizzativo è un’unità definita da obiettivi, risorse e configurazioni che consentono di sviluppare il controllo di attività e processi specifici sottratti ad altri. Essa è in rapporto col mondo esterno. I componenti di un sistema organizzativo possono essere racchiusi nel “cubo organizzativo”.
        1. CUBO ORGANIZZATIVO”. Sulla prima faccia A sono presenti gli obiettivi e le prestazioni che possono essere tecnici, economici e sociali; le prestazioni cambiano a seconda della natura del servizio esaminando budget, missione, strategie, bilanci e standard di prodotto. Nella faccia B ci sono le risorse interne finanziarie, fisiche ed umane (persone, tecnologie, spazi, materiali, ICT). In questo quadro si studiano i rapporti sociali tenendo conto delle risorse tecnologiche e dei processi produttivi in relazione alle persone. Nella faccia C è presente la configurazione organizzativa cioè l’insieme degli elementi stabili e delle regole con cui l’organizzazione opera. Fanno parte di questo quadro: 1) processi (insieme di trasformazioni dell’oggetto dell’attività funzionale che conduce al raggiungimento dello scopo e al soddisfacimento dei bisogni dell’utente finale), 2) le attività lavorative (configurazione per lo svolgimento di un processo), 3) coordinamento e controllo (pianificazione e sincronizzazione delle attività lavorative e i modi in cui avvengono i processi process engineers), 4) le microstrutture (reparti, uffici, team che realizzano i processi), 5) il sistema di ruoli e professioni (allocazione del lavoro alle persone, individualizzazione), 6) i sistemi di gestione delle persone, 7) macrostrutture (fissano i confini delle risorse, dell’allocazione del potere e delle autorità. In altre parole la gerarchia), 8) sistemi di regolazione e strutture latenti (cultura organizzativa, interazione col sistema sociale e comunità di pratica e professionali).
          1. Subtopic 1
    3. La successione dei modelli organizzativi
      1. Per la teoria classica l’organizzazione si basava sulla determinazione di confini ed autorità e sulla formalizzazione del lavoro. L’idea di fondo era che per governare bene i processi formalizzabili e non, dovessero essere affidati a gerarchie di gestione. La seconda idea era la divisione del lavoro di Taylor (organizzazione scientifica) che sosteneva la parcellizzazione del lavoro per la velocizzazione dei processi
        1. I 4 PRINCIPI DEL TAYLORISMO:trovare il modo più efficace per fare un lavoro (one best way), mettere le persone giuste al posto giusto, controllare premiare punire ,impiegare staff per controllare e pianificare. Molto spazio era lasciato alla tecnologia e poco al contributo del lavoro non specializzato.
          1. Secondo Davis l’uomo era considerato in base al compito assegnatogli, era estensione della macchina.
          2. L'INDUSTRIAL ENGINEERING è stato lo studio per definire meglio la one best way. L’impiego di personale a bassa qualificazione sarebbe stato un vantaggio sia per i bassi costi che per la docilità degli operai. L’organizzazione scientifica si esplicitò con la catena di montaggio di Ford. Gli impatti di questo modello sull’individuo sono stati l’alienazione dal lavoro, mancanza di motivazione problemi del conflitto sociale.
          3. Negli anni ‘70 questo modello cambia e comincia a emergere la lean production (produzione snella) caratterizzata dalla terziarizzazione delle attività non strategiche, riduzione di gerarchia, introduzione di nuove metodologie di gestione (logistica, qualità dei processi, magazzino) e miglioramento delle prestazioni.
          4. Si sono sviluppate unità centrate sui processi come group technology e isole di produzione, con team sempre più efficienti e qualitativamente migliori. L’organizzazione è più semplice e volta a ridurre la verticalizzazione; le tecnologie di informazione e comunicazione hanno permesso ciò. Questo fenomeno si chiama impresa rete in cui i processi di cooperazione sono autoregolati ma condivisi dal management, c’è un largo uso delle conoscenze del personale a tutti i livelli, capacità di comunicazione migliore all’interno e all’esterno e sviluppo di comunità umane. Vedi modello 4C.
    4. LA CONFIGURAZIONE ORGANIZZATIVA: APPROFONDIMENTI
      1. componenti organizzative:
        1. il PROCESSO (sequenza di eventi che convertono input in output e conducono al raggiungimento di uno scopo). Tipologie di processi: - Primari: volti al raggiungimento di fini primari e alla soddisfazioni dei bisogni finali (progettazione, produzione e distribuzione). - Di supporto: predispongono servizi funzionali alla realizzazione dei processi primari. - Di coordinamento, controllo e integrazione: processi di supervisione che individuano i fini, strategie e controllano le attività. I processi si distinguono anche per tipo di attività (attività di trasformazione, coordinamento e controllo e mantenimento e innovazione) e di livello di formalizzazione (esistono processi +/- formalizzabili).
          1. Le attività possono essere variabili a seconda delle eccezioni che si riscontrano al loro interno. Abbiamo attività definite con poche variabili (procedure fisse, catena di montaggio), attività definite con molte eccezioni, attività non definite con molte eccezioni (processo di ricerca).
        2. ATTIVITA' (flussi, interazioni e compiti). La struttura delle attività si riferisce alla qualità, quantità e distribuzione delle diverse tipologie di compiti presenti in un processo. Secondo la qualità possono essere di trasformazione, manifatturiere, di servizio, di elaborazione personale, coordinamento e controllo mantenimento e innovazione. Secondo la quantità l’attività è caratterizzata da tempi e carichi di lavoro e frequenza. Secondo la distribuzione l’allocazione delle attività è fatta nel tempo, nelle sedi diverse, nelle diverse fasi del processo e in rapporto a tecnologie disponibili.
        3. IL SISTEMA DI COORDINAMENTO E CONTROLO, cioè la sincronizzazione degli impegni e delle azioni in modo che la realizzazione complessiva corrisponda alle attese. Ci sono 3 forme principali di attese: per supervisione diretta, per standardizzazione, per adattamento reciproco (fondato sulla collaborazione; la collaborazione può essere operativa, informativa o creativa). Gli aspetti principali del coordinamento e controllo sono la distinzione tra l’autorità e la responsabilità, la natura delle procedure e la fonte del controllo.
        4. MICROSTRUTTURE ossia organizzazioni operative di base che realizzano insiemi di compiti eterogenei (reparti uffici, squadre gruppi di lavoro...). Le attività di trasformazione sono di norma assegnate a unità con personale meno qualificato. Le attività di mantenimento e innovazione vengono assegnate a staff specializzati e qualificati. Le attività di coordinamento e controllo sono svolte dai vertici gerarchici.
          1. Un’isola di produzione è l’esempio più esplicito di microstruttura basata su un gruppo di lavoro che controlla direttamente la responsabilità del proprio lavoro e riduce l’effetto delle varianze.Conseguenza di questo paradigma è la lean production sviluppata in Giappone dalla Toyota.Persone e gruppi vengono responsabilizzati e si riduce la funzione di controllo.
          2. Il Costumer relation management è un altro esempio di microstruttura che combina tecnologia e organizzazione delle persone. Si tratta dell’utilizzo di un sistema di front office in cui c’è contatto diretta fra erogatore del servizio e utente finale
          3. Vi è una procedura tutte le volte che un evento è rappresentabile in sequenza. Vi sono procedure rigide (manuale) ,Vi sono poi procedure indicative che rappresentano solo a grandi linee le fasi di un lavoro (insegnamento).
          4. Proceduralizzare molto non vuol dire organizzare meglio, dipende dalla natura del lavoro da svolgere.
          5. work team (unità di lavoro autoregolate basate su sistemi di coordinamento e cooperazione). joint optimization (premi). Il just in time è l’incarnazione di questa proposizione poiché consiste nell’abolizione delle scorte di magazzino, sulla riduzione dei tempi di attraversamento del processo e sulla flessibilizzazione del processo stesso (si produce solo su richiesta).
          6. Il team differisce dall’unità di lavoro poiché è centrato su un processo o programma e ha carattere temporaneo e variabile. Il miglioramento è il fulcro. I team appartengono a una comunità professionale o di pratica (persone che collaborano utilizzando tecnologie a supporto del lavoro cooperativo).
          7. Il Knowledge management è l’identificazione, gestione e valorizzazione delle conoscenze di un’organizzazione (presenti o future). Esso favorisce la creazione, memorizzazione e circolazione della conoscenza all’interno dell’organizzazione. La comunicazione e la partecipazione sono fondamentali. La KM combina tecnologia, organizzazione e persone e un sistema sociotecnico.
        5. IL RUOLO: ciò che ciascuno fa in vista di un risultato funzionale all’interno di un determinato contesto tecnico-organizzativo
          1. Il ruolo è l’elemento di giunzione tra sistema organizzativo e persone. Lo sviluppo dei ruoli comprende: un mix di attività operative, un set di obiettivi e responsabilità chiave, un sistema di relazioni
        6. LA MACROSTRUTTURA, strutture organizzativa che alloca il potere e l’autorità in un’organizzazione attraverso ordini, disposizioni e assetti organizzativi. Ci sono 3 tipi di strutture organizzative: la struttura gerarchico-funzionale, . La struttura divisionale per prodotto,struttura matrice .
        7. SISTEMI DI GESTIONE DELLE PERSONE. Mentre prima l’idea di base era mettere l’uomo giusto al posto giusto, addestrarlo, remunerarlo, premiarlo o punirlo, oggi il lavoratore tende a lavorare in luoghi diversi dai classici e più vicini alla domesticità attraverso le reti telematiche e le ICT; essi lavorano sull’informazione, la producono e la restituiscono alla comunità sociale.
        8. COMUNITà DI LAVORO E LE STRUTTURE DI REGOLAZIONE SOCIALE. All’inizio della rivoluzione industriale l’organizzazione razionale aveva fatto diventare la società un fattore residuale. Con la crisi del taylorismo questa situazione si è ribaltata. La società è entrata nell’organizzazione attraverso nuovi strumenti: in primis sistemi di regolazione e pianificazione sociale e poi con l’avvento dei social networking e del web 2.0 che connettono la comunità ad ogni dimensione.
          1. Nell’organizzazione burocratica ci si aspettava che il comportamento delle persone fosse la conseguenza di norme e strutture autoritarie.. Invece elementi costitutivi di una comunità di lavoro sono strutture sociali forti che si stabiliscono nel tempo, ad esempio il senso di appartenenza. Le comunità di lavoro non sono il contrario dell’organizzazione gerarchica bensì ne sono uno strato regolato naturalmente. Una comunità è dunque una struttura sociale che implica un comune sentimento di partecipazione, interessi e obiettivi condivisi, lealtà multiple.
          2. Le strutture sociali latenti, naturali e robuste che reggono le comunità di lavoro sono i modelli di cooperazione, istituzioni, sistemi socio-tecnici, cultura organizzativa, tecnologie della cooperazione, interfacce uomo-macchina, sistemi di senso, comunità di pratica e rapporti con i clienti.
          3. Piattaforme latenti sono anche interfacce uomo-computer e design. Altra struttura latente sono le comunità di pratica, gruppi lavorativi caratterizzati da aggregazioni informali intorno ad obiettivi comuni con condivisione delle conoscenze. Sono estremamente auto organizzate e hanno le stesse forma mentis.
          4. Gli strati organizzativi nascono da un’ amalgama di diversi strati di un’organizzazione per assicurare risultati produttivi.. Essi sono strutture formali (legali, aziendali o tecniche) o strutture di regolazione sociale (strutture latenti) ossia comunità professionali, di pratica, social network istituzioni, KM, cultura tecnologie di cooperazione e sistemi di senso
    5. L’EMERGERE DELLE ORGANIZZAZIONI A RETE
      1. Di impresa a rete si comincia a parlare dopo gli anni ‘80 con il fenomeno del decentramento di un’attività dall’impresa centrale verso imprese subfornitrici. [Outsourcing e terziarizzazione]. L’espatrio delle attività inoltre è chiamato offshoring. Il processo imprenditoriale una volta unitario, viene smembrato in unità diverse.
        1. La rete è un sistema di relazione fra attori che convergono a realizzare un medesimo processo di produzione, di servizio e di business. Le relazioni non hanno confine il network è il modello di comunicazione che trasmigra sulla virtualità e sul web.
          1. Tre punti cardini: conoscenze ottenute da tutto il mondo virtualmente, relazione anche virtuale con i clienti (e-commerce) e ricorso a risorse esterne. Anche gli scambi economici avvengono virtualmente nella rete. Le ICT dunque divengono sempre meno virtuali e più strutturali Un’organizzazione-rete è un modello di transazioni cooperative tra attori che insieme costituiscono un nuovo attore.
          2. esistono due tipi di organizzazione
          3. L'ORGANIZZAZIONE A RETE NATURALE è un insieme di nodi (imprese e amministrazioni) ad alto livello di autoregolazione che cooperano fra loro in vista di scopi comuni. E’ basata su valorizzazione sociale ed economica, processi che appartengono a più imprese e unità organizzative, nodi vitali che possono sopravvivere autonomamente. Sono necessarie due condizioni: tutte le imprese nodi devono rispettare standard di efficacia ed efficienza e ci sia una forma di controllo che assicuri unità di procedure, identità e risorse comuni. Esempio di org a rete naturale è la SILICON VALLEY.
          4. L'ORGANIZZAZIONE A RETE GOVERNATA è caratterizzata da soggetti individuali o collettivi, privati o pubblici, che oltre ad agire come una rete naturale provvedono anche a progettare, gestire e mantenere tale sistema. Esempi di organizzazione a rete governata sono le grandi e medie imprese che attivano processi di esternalizzazione, decentramento, terziarizzazione. Il processo decisionale indifferentemente è monocratico o collettivo.
          5. 7. L’IMPRESA RETE. vedere pagina 7 del file il cambiamento organizzativo lista di tipologie d' impresa.
          6. I nodi connessi all’impresa rete sono autonomi e possono avere diverso potere. Ci sono diverse connessioni, burocratiche, transazioni economiche, informazioni formalizzate e le ICT. Connessioni sono anche le regole di cooperazione, i canali di comunicazione e lo scambio della conoscenza. La configurazione dei nodi dà vita a strutture diverse
          7. Subtopic 1
    6. LE RETI DI IMPRESE.
      1. I distretti, le filiere sono imprese autonome che producono prodotti e servizi simili o parti dello stesso prodotto-servizio in un area stabilita. che favorisce un buon clima imprenditoriale. Le imprese però hanno sempre un confine di governance
        1. Il distretto industriale è un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza, in un’area circoscritta, di una comunità di persone e di imprese industriali
          1. Il cluster, a differenza del distretto, ha un nucleo territorialmente localizzato e risorse e servizio che si estendono oltre questo territorio. Un sistema con una rete più lunga consente di operare con interventi sinergici in un vasto territorio aumentando la ricchezza geografica.
  3. EDITORIA
    1. L’EDITORIA IN ITALIA. PASSATO E PRESENTE
      1. IL MEDIUM EDITORIA
        1. Come istituzione: assicura le funzioni essenziali dell’informazione, della conoscenza, della formazione e della virtualizzazione (poter contenere più basi diverse) narrativa ed estetica. Come industria: trasforma la comunicazione in comunicazione. Determinante nella formazione di identità collettive o individuali, l’editoria ha sempre funzionato come infrastruttura portante dell’intera società. La struttura del medium si trasforma e ci trasforma. L’editoria va percepita come un ambiente (o come dice McLuhan: Un super-ambiente composto) in grado di veicolare e riorganizzare i diversi tipi di spazio-tempo che le culture e la società generano attraverso le tecnologie della comunicazione
          1. In questa impostazione convivono l’interesse evoluzionistico per la struttura estetica e il ricreare il passato, che rimane anche nella struttura presente come base per l’evoluzione verso modelli sempre più nuovi. Lo studio della storia dell’editoria ci può far capire le dinamiche dell’evoluzione delle diverse forme editoriali e che l’hanno portata nei nostri giorni a integrarsi con la società in rete.
          2. Subtopic 1
    2. L’ANTICO REGIME
      1. partiamo dalla distinzione tra medium “tipografia” e medium “editoria” (che in Italia diventa ambiente egemone solo a partire dal XIX secolo). Le due strutture sono differenti (anche se è l’evoluzione della prima a originare la seconda).
        1. L’ordine tipografico (XV-XVIII secolo) poteva essere gestito da soggetti diversi, coloro che decidevano di prendersi l’onere e il rischio di stampare: un libraio, un tipografo, un “editore” (un committente della stampa o un curatore di testo), e l’autore stesso
        2. Più tardi a questa struttura si sostituisce un’organizzazione di tipo imprenditoriale diretta da editori che organizzano le altre attività secondo routines produttive e secondo strategie aziendali. Sul piano cronologico vediamo un passaggio dai libri in forma artigianale in corrispondenza della tipografia (con macchinari azionabili manualmente per ogni impressione) ai libri in forma industriale corrispondente alla formazione dell’editoria e all’utilizzo di torchi meccanici.
          1. La tipografia si è diffusa in Europa a partire dal XV secolo con la messa a punto del torchio di Guntenberg. Le prime stamperie italiane furono impiantate da tipografi tedeschi.
          2. La circolazione e la produzione delle stampe si rifacevano al modello di circolazione dei manoscritti: si stampava su commissione e per un pubblico ristretto, solamente se si era in un regime di sicurezza di smercio dell’edizione in tempi rapidi. I centri che richiedevano e assicuravano lo smercio delle stampe erano la Chiesa e le scuole e le università (il 77% in latino; il 45% erano religiosi; 19,5% libri di scienza o di legge).
          3. da Aldo Manunzio (maggiore tipografo del suo tempo e primo editore in senso moderno. Introduce delle innovazioni che segnarono la storia della tipografia): le sue stampe prevedono l’utilizzo di diversi set di caratteri e stabilizzano l’uso del frontespizio, affiancando dei nuovi formati piccoli a quelli grandi delle origini (insomma l’opera aldina definisce un’estetica del libro).
          4. ). Nascono nuovi tipi di testi al di fuori dell’istruzione e della chiesa, che portano a un aumento del pubblico. Si crea il primo medium transnazionale specializzato a livello europeo (per testi umanistici e religiosi), a livello nazionale (stampa cortigiana, accademica e letteraria) e cittadina (legata alle istituzioni del luogo). Erano imprese a logica tipicamente artigianale dove la domanda delle classi letterate ,con i loro circuiti, determinavano la produzione e le strutture del medium.
          5. La circolazione internazionale dei libri nel secondo 500 rappresenta un’attività economicamente rilevante, in particolare in paesi come l’Italia che basava la propria crescita principalmente sul mercato d’esportazione. La capitale della stampa resta sempre Venezia e in questo periodo si assiste a trasferimenti di tipografi e editori in proprio verso il Nord per cercare fortuna. Già prima dell’inizio del 600 una crisi investì la tipografia veneziana: calo del numero di torchi, la concorrenza interna nelle varie nazioni (produzione di testi in lingua nazionale), il diffondersi delle guerre di religione (divisione tra cultura protestante e cattolica),
          6. Con il tramonto del Rinascimento si segna il declino del primato tipografico italiano. A partire dal 1590 si ristruttura la produzione libraria costituendo un nuovo sistema diverso: iniziano a fiorire nuove pratiche spettacolari e letterarie dello strato sociale dei certi che vivono di rendite o di stipendi con i loro nuovi generi di consumo (il romanzo e il libretto di teatro).
          7. Importante: il XVII secolo è anche il periodo di sviluppo della stampa periodica. Dopo una prima fase di foglietti “informativi” volanti compaiono i giornali in diverse città come strumento di informazione locale sulle autorità politiche o sugli eventi, rivolto in particolare al ceto dominante. Seguirono i periodici di recensioni letterarie (il giornale dei letterati) e quelli di scienza e di erudizione, che potessero portare a un ampliamento dell’interesse pubblico verso settori istruttivi (siamo sulla strada dell’illuminismo).
          8. La nascita della nuova borghesia istruita crea nuove esigenze del pubblico eleggendo la stampa come medium dei lumi e assumendo enorme prestigio e articolandosi in una notevole gamma di generi e tipologie (si sviluppa il mestiere del letterato poligrafo).
          9. La crisi dell’Ancien regime rappresenta in Italia e in Europa una spinta e un’apertura all’innovazione. Cade la possibilità di tirature su commissione che aveva determinato la fortuna del libro religioso, aumentano le produzioni a costi minori, più effimere e d’occasione (libelli, i testi per nozze e festività, i giornali e le riviste). A Venezia si stavano sperimentando forma diverse di assunzione del rischio: • la creazione di società tipografiche per il lancio di collane o edizioni complete di uno scrittore richiesto dalla società letteraria, con un capitale messo a disposizione da diversi finanziatori. • Le edizioni su sottoscrizione preventiva di un numero elevato di copie che i lettori si assicuravano a un prezzo più basso pagando preventivamente e finanziando la stampa (esempio le opere di Goldoni stampate da Bettinelli).
          10. Gli ultimi 30 anni del 700 rappresentano un passaggio cruciale per il passaggio alla modernità soprattutto per la trasformazione dell’apparato distributivo e per la domanda di carta stampata (non solo per la modifica delle strutture di produzione). In opposizione ai testi religiosi si infiltrano libri proibiti di ogni genere: romanzi, testi protestanti ed eretici, illuministici, atei, materialistici, satirici, utopici e pornografici.
    3. OTTOCENTO. L’INDUSTRIA CULTURALE
      1. trasformazioni sociali e culturali (provocate dalla discesa di Bonaparte in Italia) maturarono in buona parte del paese le condizioni necessarie per la stabilizzazioni di sistemi editoriali: la fine della censura ecclesiastica, l’istruzione elementare obbligatoria, l’attenuazione del controllo politico. Si aprì un’europeizzazione dello scambio culturale che, sotto al fermento dei gruppi intellettuali, portò a una nuova ondata di libri e periodici che dovevano segnare gli usi di una nuova generazione.
        1. La Repubblica Cisalpina compì uno sforzo modernizzante, introducendo nel 1801 il diritto d’autore; un decreto napoleonico stabilì la concentrazione e il rafforzamento delle imprese imponendo un numero minimo di torchi. Queste imprese si concentravano prevalentemente nei centri maggiori della Repubblica e degli stati filo-francesi (Torino, Milano, Firenze, Roma, Napoli)Sul piano delle tirature si ebbe un enorme salto di qualità agli inizi dell’800 con l’introduzione del torchio in ferro. La ditta dei Pomba di Torni è la prima a utilizzare il torchio meccanico (usato per la prima volta nel 1834).L’arrivo del torchio azionato a vapore (1847), l’adozione dell’illustrazione a colori, e l’impegno politico-culturale sul fronte del rapporto con le autorità in favore della costruzione di un unico mercato nazionale italiano, sono i segnali di un passaggio alla dimensione industriale.
          1. ). L’esplosione del romanzo in Italia va ricondotta all’industria culturale che offre un nuovo modo di leggere, di dar senso alla realtà attraverso la parola stampata, e anche a un’espansione degli strati tradizionali dei lettori (romanzi patetico sentimentali allargavano il pubblico femminile; i romanzi storici quello dei ceti dirigenti e piccolo borghesi, in vista dell’Unità). È in questo periodo che va collocata la nascita della nostra editoria. Intorno al 1830-1840 ci fu uno sviluppo delle invenzioni tecnologie e una crescita esponenziale del pubblico in tutta Europa. Il termine editore inizia a svilupparsi ma con un significato parziale: colui che ha cura di rivedere e dare alle stampe opere altrui.Solo con la fine del Risorgimento il termine si stabilizza in senso moderno. L’editore, in confronto alle vecchie tipologie professionali, gestisce un ciclo più complesso, prendendo accordi con l’autore-commercianti-distributori-pubblico-giornali-autorità e investe in macchine per allargare la sua attività
          2. Dopo i moti del 48/49 e con l’esplosione di periodici e opuscoli, i medium si stavano indirizzando sempre di più verso i ceti urbani, artigianali e professionali (abbandonando i generi prediletti dell’aristocrazia). Alle soglie dell’Unità il ceto intellettuale era collegato da una fitta rete di comunicazione e si organizzava intorno a una rete di istituzioni editoriali che caratterizzano la cultura dell’800: • le riviste (su vari argomenti) come sede di scambio collettivo di informazione e aggiornamento, in gran parte voluto all’estero; • le collane di classici e la produzione storica, come luogo di riconoscimento nazionale che si traduce in consumi culturali coerenti e impiantati nell’editoria milanese (il romanzo storico, il teatro, il melodramma). • A questi generi portanti si affiancano il romanzo d’appendice (francese) e altre istituzioni educative tipo le letture (letture cattoliche o per fanciulli) e gli almanacchi popolari.
          3. Il quadro dell’800 è sostenuto da tre dinamiche sovrapposte: i generi di riconoscimento tipicamente toscani o piemontesi (letteratura nazionale, polemiche, poesia e teatro politico, di scienza o storico) o educativi e scolastici; generi di consumo tipicamente milanesi (romanzi e giornalismo); tutte le altre tradizioni regionali. Importante è il nuovo ruolo delle immagini (la rivista illustrata dell’impero Treves). Gli scrittori si abituano al contesto delle illustrazioni e incorporano nel loro stile la tecnica della memoria visuale: si lavora sull’immaginario teatrale e operistico; l’immaginario fantascientifico (di Jules Verne); le collane popolari della Sozogno con la serialità tipica dei romanzi d’appendice; con i generi scandalo di tipo erotico, politico, giuridico che portano il pubblico a un consumo di massa. La scuola diventa oggetto di scrittura (Cuore di De Amicis; Pinocchio) segnando la nascita di un nuovo settore nell’editoria: il mondo dei ragazzi (rilevante nel primo 900).
    4. LE SCRITTURE ELETTRICHE
      1. fine 800: l’editore è una figura di intellettuale-imprenditore; gli scrittore e i giornalisti sono firme sotto contratti; il pubblico avido di romanzi, giornali e riviste. L’assetto del mercato dell’editoria si è impostato come u’industria culturale a cui si affianca il circuito dello spettacolo teatrale, operistico e circense (medium di minore estensione). A fine secolo questo sistema va in crisi: la produzione dei libri ristagna (massimo declino nel 1905). Siamo in un periodo di crisi per la situazione politica e economica, che ha le sue ripercussioni anche sull’editoria. il romanzo tra i generi è il primo a crollare.
        1. Fattori di rivoluzioni del quadro di fine 800: • eccezionale sviluppo del sistema d’informazione. Il giornalismo trasforma la vita quotidiana degli strati colti emarginando il sistema scolastico. Il giornale diventa il luogo della fusione di più pubblici (socialmente e geograficamente) e dell’interpretazione (le notizie si trasformano simultaneamente in immaginario). Il giornalismo diventa il luogo emergente della modernità (da qui in poi le tirature dei periodici raddoppieranno ogni dieci anni). Il giornalista diventa il nuovo eroe. • Il libro cambia funzioni con la crisi dei primi anni del 900. Diventa uno strumento tecnico accademico, testo scolastico, raccolta in volume di articoli giornalistici o appendici romanzesche ai giornali e infine come letteratura e saggistica alta. • Un circuito sperimentale destinato a tirature limitate fatto di case editrici effimere o di dimensione artigianale o medio-piccola, si oppone al pubblico popolare che legge ancora romanzi. • Gli intellettuali iniziano a prendere autonomia e forza nella dinamica politica e culturale, e individuano il mondo editoriale come luogo privilegiato per svolgere questo ruolo.
          1. Intorno al 1910 la crisi mediale è superata e si ricostruisce un circuito mediale midcult, dove si uniscono la cultura alta con i nuovi immaginari dannunziani e divistici, con un ritorno verso i periodici e poi verso la grande editoria. Con la vittoria dei fascisti si assiste a un dissesto culturale: la repressione della dittatura a livello culturale e l’aumento dei prezzi dei materiali per la produzione dei libri in aggiunta alle difficoltà economiche portano a una contrazione dei consumi dei periodici determinando una crisi del libro. Sono tre i fattori che determinano l’editoria del regime mussoliniano: • lo sviluppo economico e organizzativo orientato sui modelli di un’industria culturale • l’intervento politico-economico e censorio dello Stato • la potenza dei media (che iniziano a essere maggiormente utilizzati per la propaganda politica).
          2. .Dopo la guerra inizia l’ascesa di Arnoldo Mondadori, che rilancia la sua casa editrice veronese di libri per ragazzi e di giornali di guerra, assumendo una logica industriale e facendo perno su un grande stabilimento poligrafico e su iniziative pubblicitarie. Mondadori, al di là degli appoggi ricevuti dal fascismo, si presenta come il primo vero editore industriale in Italia, La strategia mondadoriana è quella di coprire tutte le aree in cui il testo sia leggibile da un lettore medio rispondendo alla progressiva omogeneizzazione dei consumi sugli standard piccolo-borghesi. Libri scolastici, tecnici, per ragazzi, narrativa italiana e straniera, saggistica divulgativa e di educazione politica, libri-evento, reportages giornalistici, periodici, il fumetto e il giallo sono individuati come zone di innovazione e di lancio di nuove iniziative, che permettono di diversificare la produzione, neutralizzando i rischi. È ora il genere di massa a primeggiare. Dalla sede milanese, Mondadori riesce a conquistare quasi tutte le maggiori firme della Treves e del Corriere, lancia decine di nuove collane di ogni genere , inizia a praticare la logica dei bestseller.
          3. Con la radio e il cinema sonoro la voce si materializza all’interno del corpo. Gli anni 30 creano in Italia un vero e proprio sistema dei media, che vede integrarsi ideologia e istituzioni di regime con l’industria editoriale e con embrioni di industria dello spettacolo. Il pubblico si abitua subito alla simultaneità e all’immediatezza delle tecnologie elettriche. Per l’editoria (che mantiene il suo ruolo cruciale nella cultura di massa) ci si orienta sempre di più sulla compresenza di diversi canali, arrivando alla creazioni di rotocalchi illustrati, dei libri-evento (politici e sportivi), dei libri-film, dei libri-radio e nuovi generi di massa seriali (il giallo e il fumetto).lo spazio-tempo elettrico e il flusso metropolitano crea un contro lavoro sull’identità (si tende alla massificazione).
          4. com la fine ella guerra anche l'editoria ne esce distrutta. ma Gradualmente, grazie a un’impressionante richiesta di carta stampata, anche l’editoria rinasce soprattutto per l’affermarsi di due poli (uno vecchio e uno nuovo)che iniziano a catalizzare il mercato, segnando il passaggio a una SECONDA GENERAZIONE INDUSTRIALE: • da un lato si sviluppa la ripresa di Mondadori, basata sugli aiuti americani e inglesi; • dall’altro continua a crescere Einaudi che si basa su una strategia per ricomporre una narrativa per una nuova, giovane intellettualità di massa, con un eccezionale gruppo di redattori (Vittorini, Calvino, Pavese…).
    5. IL BOOM DELLA CULTURA DI MASSA
      1. Negli anni 50 tutti gli strati del pubblico si muovono verso l’immaginario dei mass media, in particolare verso la radio e il cinema. Fino al 68 il discorso scritto e quello visivo non erano in collisione (l’immediatezza elettrica non compromette ancora il prestigio della cultura scritta). I testi strutturano ancora il gusto del pubblico medio e intellettuale.
        1. ). Si sta arrivando al miracolo economico verso una tradizione della società di massa e verso l’epoca matura dell’industria culturale. Dal 1958 fino alla fine degli anni 70 l’editoria italiana vive un vero e proprio boom. A contribuire in maniera decisiva la scolarizzazione (allargamento del pubblico) portando a una lettura di massa. La caratteristica della società di massa è quella di costruirsi uno spazio tempo continuo e artificiale (i media) attraversato da stili, linguaggi e sistemi in rapida evoluzione/sostituzione
          1. Tutto stava mutando per l’editoria; gli intellettuali si troveranno in crisi di fronte alla transizione dal mondo della scrittura a quello dei media (Calvino sostiene che la crisi della comunicazione scritta è da individuare nella sua industrializzazione). La diffusione di massa della narrazione (basata sulla tv, il tascabile in edicola, la crescita di generi paraletterari come il giallo, il rosa e l’erotico, il fotoromanzo, il cineromanzo, il fumetto) e la diffusione dei modelli e linguaggi della narrazione-spettacolo dei media che diventa il nuovo metalinguaggio dell’intero sistema culturale. La tv porta nelle case il cinema, lo sport, la pubblicità e la musica; la rivista leggera porta l’informazione e la formazione. Il mondo dell’individuo si scioglie nello spazio delle voci e delle immagini.
          2. Il 68 (la rivolta giovanile) fu una rivolta ambigua perché acquisivano rilievo sia la cultura audiovisiva, sia la ricerca intellettuale ed estetica. Anche la nuova cultura universitaria con la sua saggistica (Feltrinelli, Laterza, Einaudi) si ponevano all’avanguardia. L’editori si polarizza in editoria di consumo e editoria di cultura. Con la società di massa si creano nel mondo dell’editoria due figure di destinatario: da una parte un lettore forte (il libro è un fattore decisivo e attivo nella formazione privata) e dall’altra un lettore debole (determinante per dirigere la domanda di mercato). Si trasformavano i modi del consumo editoriale. L’editoria di massa degli anni del boom portano serialità e innovazione: la scrittura si deve adattare sempre di più alla serialità e alla struttura della quotidianità. L’editore assume il ruolo di inventore di strategie di consumo, di innovazioni della forma-libro o periodico e di nuovi generi prodotti. Vengono lanciati nuovi formati (i tascabili) e si cerca di allargare il più possibile il target di lettori passando alla logica seriale dell’edicola. La stampa periodica si fonderà principalmente su nuovi formati (i tabloid e i supplementi).
          3. l’editoria tende verso nuovi modelli di cultura di massa. Nel mondo del libro i segnali più importanti sono tre: l’avvento del best seller (che dal 58 al 64 sarà un’attività determinante dell’agire editoriale. Si arriva così al mercato di massa); il successo di strategie e generi seriali (accanto alla narrativa si formano nuovi generi: il classico economico, il giallo, il fumetto, i libri-inchiesta dei grandi giornalisti e gli Oscar Mondadori. Gli Oscar sono importantissimi: sono stati lanciati in edicola nel 1965 a cadenza settimanale – primo titolo “Addio alle ali” di Hemingway – sembravano rispondere alle esigenze del nuovo pubblico. Gli anni 70 vedono da un lato una cultura fondata sulla saggistica tascabile, e dall’altro il prodotto industriale che passa da tv, cinema e lettura da edicola.
          4. Si passa da strategie di funzione a strategie di consumo. Si arriva all’interdipendenza con i nuovi media. Si passa da una lettura intensiva a una estensiva. Dalla centralità del giornale, del romanzo e del saggio si passa a un regime di info fiction (notizie, avventura, horror, commedia e serial a statuto deboli). Si inizia a delinearsi un unico grande target: l’uomo metropolitano. Ci si focalizza di più su strategie per il lettore debole trainato all’acquisto di un libro dal cinema o dalla tv (il lettore forte è quello che ha una biblioteca personale). Dall’altro lato, di contro a una cultura di massa, permane una ristrutturazione del polo dell’editoria della cultura, che porta alla ricerca di testi forti.
    6. LA TERZA E LA QUARTA GENERAZIONE: IL FLUSSO E LA RETE
      1. la terza generazione occupa gli anni 80/90 e è un processo che tende a integrare tra loro i media fino ad arrivare a un unico sistema dell’informazione e della comunicazione.All’inizio degli anni 80 il mercato librario si trovava in una situazione di crisi strutturale: calano le tirature, salgono i prezzi, si intensifica il processo di concentrazione. In breve l’industria editoriale finisce nelle mani di pochi, quindi la terza generazione è un processo diverso rispetto alle altre generazioni, perché scompaiono grandi protagonisti come Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani, Angelo Rizzoli,
        1. Solo intorno al 1985 si inizia a vedere una ripresa trainata da nuove strategie, dai best seller e dai tascabili. I maggiori protagonisti sono ora i gruppi editoriali che diventano i grandi gruppi dell’industria multimediale. La ripresa segna anche un aumento del numero delle sigle aziendali. La vera competizione è però rappresentata da una quindicina di aziende a struttura medio piccola e pochissime medie aziende indipendenti (come Feltrinelli, Garzanti, DeAgostini, Laterza…) e soprattutto le due maggiori concentrazioni che integrano una decina di imprese di diversa entità (il movimento riguarda nel primo momento il polo IFIL-FIAT e in un secondo momento il polo Fininvest di Silvio Berlusconi (proprietario di giornali, tv, settimanali) che addirittura arriva a conquistare il gruppo Mondadori (alla quale Guido Einaudi aveva ceduto il controllo della sua casa editrice, cioè il fulcro storica dell’editoria dell’intellettualità democratica e di massa sin dai primi anni dell’antifascismo).Il processo di concentrazione non riguarda solo gli assetti di controllo delle aziende. Il settore libri continua a essere diviso tra le micro-imprese (che lavorano in logiche di nicchia) e le sigle dei produttori best seller (la logica del best seller copre oltre 1/3 del fatturato e rappresenta la logica della novità).
          1. Cambia notevolmente anche l’organizzazione: si inizia ad adottare una logica verticale (gli oggetti dell’analisi si trovano su piani diversi, e l’oggetto lo comprendo solo in relazione a se stesso, indipendentemente dal suo ambiente) derivata dal settore dei settimanali (si abbandona la logica orizzontale del primo novecento di contatti diretti e dei circoli intellettuali che utilizzavano una logica orizzontale – gli oggetti dell’analisi si trovano sullo stesso piano di realtà e per comprendere l’oggetto lo devo mettere in relazione agli altri dello stesso piano, è una relazione con l’ambiente in cui vive). Nei primi anni 80 hanno successo nelle grandi città le grandi librerie in grado di coprire tutti i settori d’interesse, mentre la vendita dei libri nelle edicole cala vistosamente (in edicola restano solo i libri seriali come Harmony della Mondadori, fantascienza e gialli). La spinta data dall’alfabetizzazione in favore del libro, si esaurisce facendo emergere gli scarsi livelli di istruzione degli italiani: nonostante sia aumentato il livello di alfabetizzazione e di scolarizzazione, il numero di lettori non aumentano. La questione è oggetto di indagine sociologica: se è vero che solo 1/3 della popolazione italiana ha un possesso pieno e tranquillo della lingua (competenze necessarie per la lettura), ci si accorge con preoccupazione che per partecipare allo spettacolo tv, del cinema e pubblicitario basta uno standard assai basso.
          2. I mondo dei libri, per difficoltà economiche e per difficoltà ad entrare nel flusso di concorrenza con la radio e la tv, non riesce a recuperare il vecchio potere. La vicenda dei giornali era migliore, anche perché la risalita era incentivata dai finanziamenti statali (legge per l’editoria 1981). Nella stampa quotidiana, quindi, la ristrutturazione aziendale si accompagnava a novità tecnologiche.L’editoria libraria tende quindi a fondersi nel flusso multimediale. La storia che meglio rappresenta la terza generazione è quella dei best seller che accentua l’influenza reciproca tra le pratiche letterarie o giornalistiche con differenti processi o generi di scrittura. Il best seller dell’epoca considera la somma della domanda di tre tipi di lettore: quello medio tradizionale, quello intellettuale post 68 e in parte quello debole. Nel 1984 sul totale degli italiani (dagli 11 anni in su) il 46,4% leggeva almeno un libro all’anno; percentuale che declina vistosamente per risalire poi negli anni 90 prima di un nuovo calo. Dunque il pubblico è diviso in due: da un lato abbiamo un pubblico televisivo di lettori deboli; dall’altro abbiamo un gruppo di lettori forti della qualità letteraria. Tutto ciò è favorito da nuove strategie editoriali: la tascabilizzazione della produzione (tra il 1993-1994 le opere vengono stampate direttamente in formato tascabile). Nella seconda metà degli anni 90 il tascabile copre la maggior parte delle tirature e delle vendite su due fasce di prezzo: il supereconomico (i Miti Mondadori e i Superpocket Rcs-Longanesi) che sperimenta la diffusione a livello di massa dei best seller degli anni precedenti (Tamaro, Maraini, o l’Iliade in prosa per il lettore neo-televisivo).
          3. Con gli anni 90 le forme dell’editoria più orientate verso un mass cult (i settimanali) assumono sempre di più gli stessi connotati strutturali dei media audio-video, iniziando a riversarsi nella tv di flusso e nelle reti telematiche e informatiche, ampliando sempre di più il target non lasciando fuori nessuno. Perché ciò possa funzionare anche per i libri, c’è bisogno di un intermediario promozionale che possa catturare l’attenzione. Subentra in modo decisivo l’informatica, applicata a tutte le fasi del lavoro, che determina nuovi flussi di lavoro e nuovi modelli produttivi all’interno delle case editrici. Si iniziano a usare nuovi espedienti come cd-rom, a utilizzare le telecomunicazioni, a inventare nuove modalità di produzione e commercio di testi e prodotti attraverso internet e a sperimentare servizi accessibili attraverso la rete, connessioni e supporti a hardware e software diversi (pc, telefonini, palmari, e-books, la net tv).
          4. Si moltiplicano i canali che provocano la decadenza della centralità televisiva, ma che lascia spazio alla carta stampata, che diventa il supporto privilegiato per la materializzazione dei testi immateriali all’interno di archivi di rete. È la QUARTA GENERAZIONE DELL’EDITORIA, dove lo strumento privilegiato per la comunicazione diventa il web. Anche il libro non rimane estraneo all’ibridazione con il web: declinano le tradizionali librerie, mentre quotidiani, periodici e libri si diffondono nei supermercati; hanno particolare successo i multistores con libri e prodotti audio/video. Nasce l’editoria in cd-rom e quella su internet (segnale per eccellenza del passaggio alla quarta generazione). Per questa gestione in rete nascono anche nuove professioni. Si creano anche nuove pratiche come community e blog. Uno dei segnali di passaggio dalla terza alla quarta generazione è la nascita di nuove forme di imprese, dato che le nuove tecnologie permettono di sviluppare iniziative anche su singole idee e con scarso capitale di rischio. Anche le grandi imprese cambiano la loro mentalità in una logica della rete e prolificandosi in micro-sigle. La produzione libraria è in difficoltà da 1998 in avanti, con l’entrata della competizione di internet. Rimangono validi i settori della narrativa e dei libri per ragazzi e scolastici. Se si assiste a una crescita dei fatturati, questo è da ricollegare all’effetto del settore digitale. E se i grandi gruppi librari si trovano in crisi, sicuramente meno lo sono le piccole editorie librarie. La società in rete porta a un calo della televisione e a un aumento vertiginoso dei consumi mediali. Per i giovani la tv, Internet e new media non risultano alternativi ai libri; mentre per le persone di età superiore ai 30 c’è stato un cambiamento (l’unico contatto cartaceo è solo con il quotidiano). I processi produttivi della carta stampata sono sempre più dipendenti dai servizi dell’editoria digitale e dalla rete.
          5. Ci si avvicina sempre di più al passaggio dell’editoria in rete. Riviste e quotidiani on line, editoria letteraria e scientifica sul web. Ma il fatto che le tecnologie informatiche non si prestino ancora bene per una lettura letteraria, implica ancora una buona durata del libro come forma specifica. Segnali evidenti di questo passaggio sono: l’avvio della biblioteca digitale (avviata da Google); la graduale scomparsa di stampa e distribuzione; la crescita di motori di ricerca specializzati; la vendita on line in download o print on demand di testi o informazioni; servizi di e-commerce librari. Si trasforma il ciclo scrittura/lettura. Il supporto per lettura diventa sempre immateriale e in continua trasformazione, non è più un’entità definita e chiusa.
          6. L’oggetto editoriale, spostatosi in forma digitale, incorpora le tecnologie del libro e del periodico con quelle ipertestuali e ipermediali della rete. Il medium libro non diventa obsoleto, ma lo si porta verso nuove opportunità. Attualmente la terza generazione è ancora dominante ma è solo una fase intermedia. Le rivoluzioni dell’editoria sono appena iniziate.
  4. QUARTA RIVOLUZIONE.
    1. CAPITOLO 1
      1. . E’ fondamentale il supporto per la sua funzione di interfaccia fra noi ed il testo. (Carta patinate per immagini, opaca senza immagini, quotidiani pagine grandi..) Un’interfaccia è qualunque strumento che ci aiuti a interagire col mondo intorno in modi il più possibile adatti alla nostra conformazione fisica e sensoriale, alle nostre abitudini di comportamento, convenzioni culturali e sociali svolgendo la funzione di mediazione fra noi e il mondo.
        1. Il libro è un’interfaccia fra noi e il testo e deve avere determinate caratteristiche: dimensioni che consentano di trasportarlo e voltare pagina, dimensione carattere adatta alla distanza libro occhi, rilegatura leggera ma resistente. Il tema della materialità del libro e della sua dimensione tattile sta a cuore a molti autori (Croce, Nigro) e molti criticano la digitalizzazione della lettura per questo motivo.
          1. I fattori che hanno assicurato il successo del libro (passando dal volumen, ovvero rotolo, al codex, ovvero libro paginato e rilegato, fino alla stampa e l’editoria industriale) sono: facilità di lettura (in tutti i luoghi), di trasporto, economicità, resistenza all’uso, comodità della forma per immagazzinamento negli scaffali, impaginazione numerata che consente la costruzione di indici
          2. La fruizione dell’informazione si distingue in 4 situazioni:
          3. 1 Lean Forward protesi in avanti verso l’informazione p.e. studiando e scrivendo seduti alla scrivania, uso attivo dell’informazione, non ci limitiamo ad assorbire informazione ma le elaboriamo e modifichiamo, la nostra attenzione viene completamente assorbita. Si lavora bene con informazione interattiva, si parla di screttura (unione di lettura e scrittura DK).
          4. 2 Lean Back fruizione rilassata appoggiati all’indietro, un’informazione che ci assorbe ma da cui possiamo lasciarci trasportare senza interventi attivi. P.E. leggendo un romanzo o guardiamo un film, solo quando cala l’attenzione abbiamo un ruolo attivo.
          5. 3 Fruizione Secondaria o in background la nostra attenzione non è completamente assorbita dall’informazione che riceviamo che rappresenta un background informativo verso cui ci rivolgiamo a tratti (Tv e radio accese in una stanza in cui si fanno altre cose oppure pubblicità).
          6. 4 Fruizione in mobilità simile alla secondaria ma l’informazione non viene fruita in maniera secondaria. P.E. quando ascoltiamo l’mp3 sull’autobus o leggiamo un libro in treno, la nostra attenzione è impegnata in minima parte dalle azioni richieste dalla situazione di mobilità e può concentrarsi sul canale informativo.
          7. Smith sostiene che un testo è un testo e non un libro, può essere scritto su qualunque supporto ma non è un libro. Hutchins parla di cosa sia un libro descrivendone le caratteristiche (pagine, copertina, rilegatura, sequenza, illustrazioni). Il libro può essere considerato in molti modi: oggetto fisico, testuale e prodotto commerciale.
    2. capitolo 2
      1. Il libro elettronico permette al lettore delle meraviglie: con solo 32Gb si possono immagazzinare 65000 libri e grazie a collegamenti wireless possiamo leggere tutti i testi in rete. Eppure la reazione di autori e lettori davanti al libro elettronico è negativa (Gorman, Vonnegut) in quanto vedono l’e-book come un libro impoverito privo di fisicità.
        1. Il Joint Information Systems Committee organismo con funzioni di indirizzo strategico nel campo dell’applicazione delle nuove tecnologie all’educazione lo definisce: versione online di un libro a stampa accessibile attraverso internet (troppo ampia critica). Borchers: un sistema portatile costituito da hardware e software in grado di visualizzare grandi quantità di informazione testuale e consentire all’utente di navigare all’interno di essa. Egli classifica i libri in 4 generi sui contenuti: reference and documentation, learning, browsing, entartainment.
          1. Alcuni sottolineano l’importanza delle caratteristiche dei media digitali: ipertestualità, interattività e multimedialità. Secondo altri, l’utilizzo di codici comunicativi multimediali e l’organizzazione ipertestuale dell’informazione danno vita a qualcosa di diverso da quello che il libro è sempre stato, oggetti digitali che assumono forme sempre più nuove.
          2. Tesi dell’ubiquità dell’e-book nell’ambiente elettronico: Il libro può essere sottolineato e annotato e l’editoria elettronica potrebbe disinteressarsi di questa storia ed interessarsi alle sole caratteristiche intrinseche. Quindi il solo testo elettronico non è un libro elettronico poiché deve poter essere fruito tramite interfacce che sostituiscano quelle a cui siamo abituati con i libri di carta. Questa tesi però non fa assunzioni sugli strumenti di lettura dando per scontato il computer da scrivania.
          3. Tesi della radicale eterogeneità di libro a stampa e media digitali: E’ difficile pensare che avendo la possibilità di affiancare al testo e alle illustrazioni statiche dei libri tradizionali suoni e filmati essa non venga sfruttata, quindi verranno realizzati nuovi oggetti informativi che conserveranno le caratteristiche dei libri e ne aggiungeranno delle altre. Ciò renderà obsoleta la scrittura tradizionale? L’autore ne dubita e pensa che si continuerà anche a scrivere, si produrranno molte opere spazzatura ma non verrà uccisa la cultura del libro.
          4. . Eco sostiene che il libro a stampa resterà il medium d’elezione per la letteratura seria ed estensiva mentre le versioni elettroniche degli stessi asserviranno altri scopi. Nunberg sostiene che il libro elettronico si avvicinerà così tanto alla forma del libro stampa che la tecnologia sarà invisibile. assorbire la vecchia tecnologia nella nuova. Quindi il libro elettronico per essere riconosciuto tale deve essere capace di imitare le caratteristiche del libro stampa (requisito di minimicità). Requisito di autosufficienza: davanti ad un testo elettronico visualizzato tramite n’interfaccia di lettura percepita scomoda la reazione dell’utente è di cercare di cambiare interfaccia di lettura, ciò dipende anche dalla lunghezza del testo. Quindi un libro elettronico deve rispondere al requisito di autosufficienza e deve permettere una lettura agevole senza far rimpiangere il libro cartaceo,
          5. Occorre fare 3 considerazioni per la progettazione di dispositivi di lettura: Il requisito di minimicità riguarda testi lineari, i dispositivi di lettura per libri elettronici devono anche consentire la lettura di testi tradizionali in nuovi modi integrando la lettura con la ricerca. Essi dovranno leggere anche testi nuovi con caratteristiche più avanzate. Un libro elettronico non è semplicemente il dispositivo di lettura. Quindi lo sviluppo dell’e-book richiede competenze e scelte politico-culturali ed è bene che siano autori, lettori e bibliotecari ad occuparsi di ciò e a non delegarle alla mano invisibile del mercato.
    3. capitolo 5
      1. Digital Rights Management (DRM) il tema della protezione dei diritti in ambiente digitale è molto importante e se ne discuteva già nel 18^ secolo in Germania periodo in cui la circolazione del libro avvantaggiava l’autore pensando alla sua fama ma svantaggiava l’editore. Per i lettori era invece un vantaggio poiché reperivano le opere più facilmente e a prezzi più bassi, coloro che ristampavano potevano farlo partendo da un testo già pulito e non dal manoscritto che richiedeva collaggio e interpretazione abbassando i costi ma il testo non era controllato dall’autore ed era meno affidabile.
        1. La tutela riguarda il libro non come oggetto ma come discorso dell’autore come testo. Oggi però all’autore viene riconosciuto il diritto alla paternità intellettuale dell’opera ma il diritto di farla circolare avvantaggia l’editore che acquista il bene dall’autore, quindi gli interessi coincidono in parte ma una volta pubblicato il libro è l’editore a continuare le danze.
          1. Nell’era digitale gli interessi di autore ed editore non coincidono necessariamente in quanto il testo può viaggiare indipendentemente dal supporto. abbiamo quindi 3 tipi di interessi dell’autore: - interesse al riconoscimento della paternità intellettuale dell’opera - interesse a massimizzare la circolazione (quindi fama) - interesse a ricavarne un guadagno economico.
          2. . L’autore quindi si trova a dover pesare da un lato il guadagno economico legato alla vendita controllata del testo da parte dell’editore e dall’altro il guadagno di notorietà legato alla diffusione gratuita del suo testo: l’editore non ha una funzione di stampa ma più è noto più verrà scelto da un autore. La fama però non sempre basta, se il compenso economico dell’autore non è interessante ed il costo economico dell’opera per il lettore è molto alto la spinta a creare canali alternativi via rete di diffusione del testo elettronico è altissima, quindi gli interessi di autore ed editore divergono a causa dalla disintermediazione.
          3. La disintermediazione (Hawken 1983) vuol dire saltare figure di intermediazione e nel caso dell’editoria supera l’organizzazione tradizionale, gli strumenti di rete consentono agli utenti di svolgere automaticamente una serie di attività che prima richiedevano figure di mediazione. Questo processo è già presente in altri campi (giornalismo, centralinisti, bigliettai) ma nel campo dell’editoria vorrebbe dire che non servono più librerie, librai né editori poiché tutti possono pubblicare e distribuire i propri lavori in formato elettronico
          4. Gli editori in alcuni casi è probabile che “moriranno” e le forme di mediazione editoriale cambieranno, il ruolo potrà essere assunto dalla comunità scientifica di riferimento altamente specializzata (peer review).
          5. Il problema è attraverso quali meccanismi remunerare autore ed editore. Nel caso degli e-book il DRM ha 3 dimensioni interconnesse: 1) le scelte a monte dell’editore in materia di licenza d’uso (proteggere il testo o no? Permettere il passaggio da un dispositivo all’altro o no? Con quali meccanismi? 2) la concreta gestione dei diritti sul server del venditore che deve ricordare l’acquirente e permettergli di scaricare il testo protetto sul lettore, attivarlo, conservarlo nel tempo, monitorarlo. 3) la buccia protettiva che avvolge il pacchetto ePub trasformandolo in un file in formato proprietario e renderlo illeggibile su dispositivi diversi da quello su cui è stato acquistato e attivato tramite una cifratura.
          6. Alcuni siti pirati per la circolazione di testi sono Gigapedia che con un box di ricerca consente di individuare i libri (in genere accademici) in una lista e riproduce le miniature delle copertine, è disponibile anche una scheda tratta da Amazon. Registrandosi, cliccando sui risultati è possibile scaricare una copia pirata in formato PDF. Alcuni programmi consentono di fotografare l’immagine visualizzata e ricavarne il testo (programmi OCR di riconoscimento del carattere). Le case produttrici hanno messo in pc commerciali dei chip che monitorano gli utenti e proteggono i contenuti (TPM Trusted Platform Module), Google si sarebbe impegnata a versare a tale registro in totale 125 milioni di dollari. Inoltre era prevista una divisione dei ricavi della vendita online di opere sotto diritti digitalizzate da Google e dei ricavi derivanti dalla pubblicità aggiunta da Google ai risultati di ricerche sul contenuto di tali opere (63% autori e 37% Google). per fierimenti andare a pagina 6
          7. Molto controverso è la gestione delle opere orfane (precedentemente “liberalizzate”) in quanto risulterebbero chiuse sulla base dell’accordo che prevede un accesso a pagamento rendendo Google un monopolista della loro gestione essendo il complito troppo complesso per altri operatori. Il tema delle opere orfane è molto importante in quanto la maggiorparte dei libri pubblicati il secolo scorso è orfano o protetto da copyright (ca 5 milioni su 7 delle opere digitalizzate da Google sono orfane).
          8. pagina 7 . la causa di google e l'abbandono dell'accordo da parte degli autori.
          9. . La questione va quindi considerata da tutti gli agenti europei sfruttando l’esperienza già accumulata negli USA. La decisione quindi presa dai ministri della cultura dell’UE di creare un progetto comune di digitalizzazione libraria partendo dalla formazione di un comitato che lavori a delineare il piano di lavoro è difficilmente realizzabile senza partner in grado di svolgerlo. @Libris realizzato nel 2010, è un progetto fra Google ed il nostro Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la digitalizzazione di 1milione di opere fuori diritti conservate in biblioteche nazionali. Google fornirà le copie digitali di ciascun libro in modo da renderle disponibili anche su altre piattaforme. Il costo sarà a carico di Google. Nonostante le controversie Google è arrivata alla digitalizzazione di 10miloni di libri, un progetto che nessuna azienda o istituzione pubblica abbia mai avviato.
          10. La digitalizzazione se da un lato favorisce la conservazione degli originali cartacei di opere del passato dall’altro non garantisce che i file siano conservati e disponibili nel lungo periodo. Infatti vanno considerati sia l’obsolescenza dei prodotti (leghe che non offrono garanzie adeguate ES i CD) che l’obsolescenza delle codifiche e dei formati. Il problema della conservazione si pone non solo nel lungo periodo ma anche in una prospettiva più immediata in quanto alcune politiche di DRM consentono solo un certo numero di trasferimenti di dispositivo prima di renderlo illeggibile e l’acquisto si trasforma in un noleggio. Nessuno infine ci garantisce che un libro acquistato sia disponibile da qui a 40 anni.
    4. capitolo 6
      1. I nuovi media digitali hanno come caratteristica principale l’interattività. Anche un testo scritto potrebbe essere considerato interattivo in quanto il lettore modifica o crea il testo che sta leggendo quindi un oggetto informativo si dice interattivo se può partecipare a un processo di comunicazione modificando in maniera esplicita l’informazione emessa in corrispondenza delle scelte degli altri partecipanti a tale processo, quindi da questo punto di vista il libro a stampa non è interattivo La sola interazione avviene attraverso il supporto del testo: possiamo sottolineare, aggiungere commenti, etc. Ma siamo sempre noi a modificare l’oggetto informativo che resta incapace di rispondere
        1. I link non sono tutti uguali, in rete tendono a essere dello stesso tipo (collegamenti unidirezionali da una zona attiva del testo a un’altar risorsa all’interno dello stesso sito o sito diverso) pertanto è necessario tipizzarli, quest’idea non è nuova in quanto anche nel caso dei testi scritti le differenze nella tipologia dei rimandi potevano essere espresse attraverso ordini diversi di note tramite l’uso di sistemi diversi di numerazione (numeri romani, arabi, lettere).
          1. La testualità elettronica ne permette una notevole espansione e ne semplifica la gestione. Anche nel libro è necessario sottolineare queste differenze, un testo lineare privo di note o rimandi (libro giallo) può essere considerato un grado zero di complessità ipertestuale, può essere scomposto in unità testuali di livello inferiore (capitoli, paragrafi etc) ma queste unità sono concatenate in maniera lineare e il percorso di lettura è a sua volta lineare. Un testo con note invece pone il lettore davanti a delle scelte, possiamo leggere o meno le note comprendendo il testo in ogni caso. Sono davvero possibili libri ipertestuali? Non esiste una sola risposta ma molte.
          2. lo stream of consciousness è una navigazione per suggestioni e associazioni libere più che un flusso lineare e linearizzabile, quest’idea accompagna una serie di ipertesti letterari come i libri-game. E’ nota la distinzione fra fabula (sequenza degli eventi narrati nell’ordine cronologico e nella loro concatenazione causale) e intreccio (la loro riorganizzazione nel testo ad opera dell’autore)
          3. I link ipertestuali possono trasformarsi in una forma più elaborata di note a più pagine che struttura il testo in più livelli (Darnton) generando un nuovo tipo di lettura. L’evoluzione e la diffusione dell’e-book può portare a opere saggistiche con una struttura non per forza lineare ma stratificata con strumenti interattivi che consentono diversi percorsi di navigazione del testo stesso a seconda degli interessi del lettore. Inoltre il meccanismo trackback creerebbe un altro livello del testo contenente reazioni e commenti successivi alla pubblicazione dell’opera.
          4. Quindi le forme di organizzazione ipertestuale dei contenuti possono convivere con la forma-libro tradizionale, per quanto riguarda l’integrazione del testo scritto con contenuti multimediali la questione è diversa. Nel caso del libro elettronico possiamo introdurre facilmente materiali multimediali, nel campo della narrativa alcuni esperimenti sono stati creati aggiungendo prodotti multimediali su DVD o cd ai libri, però essendo questi prodotti fruibili in lean forward, la struttura narrativa ne risultava indebolita, quando ci saranno dispositivi di lettura adatti anche al lean back queste sperimentazioni avranno un terreno più fertile. Oggi esistono alcuni dispositivi che consentono la fruizione di ipertesti multimediali in lean back (iPad).
          5. trackback e si basa sulla capacità che hanno le principali piattaforme blog di dialogare fra loro, seguendo un ipotetico link pubblicato da noi su un blog di qualcuno e informando la piattaforma che ospita il blog inserendo il nostro link Queste funzionalità delineano la possibilità di un uso sociale dei testi diverse da quelle tradizionali, il social reading ad esempio. Siti non dissimili dai social network tradizionali ma orientati alla lettura, consentono all’utente di costruirsi la propria libreria di titoli inserendo i libri posseduti, quelli letti, che si stanno leggendo etc, esempio INSTAPAPER. I nostri legislatori si sono già resi conto dell’importanza dell’alfabetizzazione informatica e informativa, l’articolo 15 legge 133/2008 ha introdotto un’innovazione affermando che è preferibile che libri di testo disponibili in internet siano preferibili e che il collegio docenti adotti dall’anno 2011/2012 libri utilizzabili esclusivamente nelle versioni online scaricabili da internet o versione mista.
          6. Sono e-book questi libri di testo distribuiti online? Il libro di testo è diverso dal learning object (oggetti multimediali per l’apprendimento) in quanto conserva 2 funzioni: rappresentare il punto di riferimento e il filo narrativo che accompagna lo svolgimento del programma e offrire al punto di riferimento incontro con la forma-libro.
          7. Quindi il passaggio del libro al mondo digitale richiede il pieno supporto del testo scritto e mentre disponiamo di buoni dispositivi diitali di lettura per suoni e musica o vide, per la lettura di e-book non esistono ancora dispositivi che garantiscano l’ergonomia e usabilità del libro su carta. I libri di testo della legge è probabile che si ridurranno a file PDF che in assenza di supporti digitali adatti gli studenti si troveranno a studiare sullo schermo del pc (lean forward) o finiranno per stampare, generando pile di fogli sciolti che faranno perdere il contatto con la forma-libro.
      2. Subtopic 2